lunedì 5 dicembre 2011

Un blues

mercoledì, 20 settembre 2006

     Il nano si arrampicò velocemente sul treno merci diretto ad ovest.
Aveva aspettato tutta la notte addormentato sul pilone di un traliccio di fianco al binario.
Appena l'alba, il merci lo aveva svegliato con un fischio sordo, lontano, e il nano s'era preparato. Fagotto di traverso sulle spalle, sorsata di gin dalla bottiglia che la notte prima in un bar aveva nascosto nella tuta di jeans e che gli faceva un cazzo enorme, tanto che la vecchia puttana dietro al bancone aveva pensato che forse la morte sarebbe stata ancora lontana, se solo quel nano avesse voluto. Ma il nano era stanco di fare capriole. Le aveva fatte per tutto il giorno per pochi spiccioli, e solo per far ridere i ragazzini in quel parco giochi. No, la puttana puzzava troppo di vecchia e lui voleva solo arrampicarsi su quel treno.
Un salto incredibile, e il nano felino s'arrampicò alle sbarre del finestrino del vagone bestiame. La merda fumante l'avrebbe tenuto al caldo, e i ferrovieri non ci avrebbero messo il naso dentro. Continuò a dormire.
Il pomeriggio lo trascorse im groppa alla mucca per guardare fuori il paesaggio. Boschi e praterie si alternavano a colline rosse sullo sfondo. Ma quello che lo metteva di buon umore, che lo faceva godere proprio, era la fila di case basse, le piccole auto che scorrevano ogni tanto su strade strette, gli omini minuscoli che a gruppi sfilavano lontano mentre il nano lassù, sul culo di una mucca poteva nasconderli con un dito, il suo dito, il dito di un nano, cazzo.

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