lunedì 5 dicembre 2011

(as)solo

 domenica, 15 aprile 2007
entro nella stanza luccicante di risate estranee bicchieri vuoti e la cerco mi appoggio alla parete prendo il bicchiere di margarita bevo fumo un accenno di marlboro chi mi guarda appena chi mi sorride idiota chi se ne frega io la cerco tra quel fumoso bianco di luci assopite suona trane non lo sente nessuno tranne quello grasso in poltrona beve bourbon il bicchiere sempre a metà gli occhi appannati ma forse dorme mi scosto vado fuori la vedo seduta in grembo a quello seduto di spalle gioca a carte con altre risate altri bicchieri vuoti mi affianco un poco mi vede non un cenno appena un scatto le sue guance quello le dice di un bicchiere d'acqua si alza mi vede ancora rientra io fumo e poi bevo respiro questa notte del niente lei ritorna con l'acqua di nuovo in braccio non mi guarda lui dice grazie amore lei mi vede lì di fianco si sistema i capelli
un pò si vergogna

Un blues

mercoledì, 20 settembre 2006

     Il nano si arrampicò velocemente sul treno merci diretto ad ovest.
Aveva aspettato tutta la notte addormentato sul pilone di un traliccio di fianco al binario.
Appena l'alba, il merci lo aveva svegliato con un fischio sordo, lontano, e il nano s'era preparato. Fagotto di traverso sulle spalle, sorsata di gin dalla bottiglia che la notte prima in un bar aveva nascosto nella tuta di jeans e che gli faceva un cazzo enorme, tanto che la vecchia puttana dietro al bancone aveva pensato che forse la morte sarebbe stata ancora lontana, se solo quel nano avesse voluto. Ma il nano era stanco di fare capriole. Le aveva fatte per tutto il giorno per pochi spiccioli, e solo per far ridere i ragazzini in quel parco giochi. No, la puttana puzzava troppo di vecchia e lui voleva solo arrampicarsi su quel treno.
Un salto incredibile, e il nano felino s'arrampicò alle sbarre del finestrino del vagone bestiame. La merda fumante l'avrebbe tenuto al caldo, e i ferrovieri non ci avrebbero messo il naso dentro. Continuò a dormire.
Il pomeriggio lo trascorse im groppa alla mucca per guardare fuori il paesaggio. Boschi e praterie si alternavano a colline rosse sullo sfondo. Ma quello che lo metteva di buon umore, che lo faceva godere proprio, era la fila di case basse, le piccole auto che scorrevano ogni tanto su strade strette, gli omini minuscoli che a gruppi sfilavano lontano mentre il nano lassù, sul culo di una mucca poteva nasconderli con un dito, il suo dito, il dito di un nano, cazzo.
domenica, 25 giugno 2006 
 
a un certo punto uno decide di scrivere una poesia
c'è un'urgenza disfatta
perché si sente in contatto con  energie cosmiche ancestrali
nella tua voce disciolta
al centro di un universo di sensazioni che cercano scampo
da un amore stanco dei nostri pensieri
invocano una via di fuga
e di sguardi scrostati
percorrono frenetiche il dedalo intricato di vene e capillari
da pacate illusioni
miste a malinconiche pulsazioni
E la voce rimane
che accelerano battiti e respiro
affannata avvinghiata sospesa
e spingono il corpo ad aprire vie di fuga
al ricordo di sguardi
a lasciar squarciare fuori la necessità di esplosione
sinceri affamati
per evitare implosioni
le nostre vite stupite
e allora scrivi una poesia e dopo pensi:
una scorreggia sarebbe stata più efficace.

Stiratrici per caso

domenica, 11 giugno 2006

Debby dice: vai a vivere da solo? bene ma come fai a cucinare giusto le uova o un hamburger crudo e poi pulire i piatti lavare le camicie e stirare e lavare i pavimenti e la polvere e stirare, stirare come fai e la spesa le scorte i detersivi la frutta e stirare, stirare devi imparare e scegliere i mobili legno laccato tanganika laminato color faggio noce ciliegio e un divano certo due tre posti il letto una piazzaemezza se no si sta scomodi e stirare, stirare e lavare lenzuola cuscini lampade piantane il bagno è piccolo manca la doccia ci vuole lo scaldino a gas devi spendere soldi che non hai e il terrazzino è sporco e pieno di animali gatti lucertole forse topi e gli insetti ci vogliono le zanzariere un buon idraulico e stirare, ti ci vuole un'ucraina e un elettricista un imbianchino e il parquet è sporco devi farlo lucidare fare un finanziamento e stirare
Io mi stiro sul parquet sudicio il bilocale vuoto e scuro ho comprato un bicchiere da vino bellissimo stappo il traminer faccio finta di riconoscere il profumo e mi stiro tanto da scorgere il gatto che si affaccia dal mio nuovo terrazzo tutto sporco e infangato con in bocca la carogna di una lucertola forse un topo penso di affrontarlo poi magari penso che può aiutarmi a stirare via questa domenica del cazzo

Totoblog

domenica, 26 febbraio 2006
 
Interno   Sera
Due personaggi: Totò e Pietro De Vico
Totò in veste di Serial killer crede di avere avvelenato un uomo e lo ha nascosto in una valigia messa dietro un divano nel salone della villa di proprietà del morto. Va a chiamare De Vico suo complice "indifeso" per farsi aiutare a trasportare la valigia. Quando però i due rientrano nel salone trovano la valigia aperta ed il cadevere steso sul divano.
Totò: -- Vorrei sapere chi si diverte a togliere i morti dalle valigie... Prendilo per i piedi...
I due fanno fatica a sollevarlo
De Vico: - Ma, mi sembra che si è allungato..
Totò: - Non è possibile! I morti non si allungano... semmai si imbruttiscono, si fanno brutti. QUESTI SONO MORTI CHE NON PUOI TENERE IN CASA...-.

Così si svoltano le serate

Trois couleuers: blog bianco

domenica, 12 febbraio 2006
 
L'albino entrò nel vagone, attese che si richiudessero le porte e cominciò con voce impostata
- Signori e signori non soono non un tooossico, non un criminaleee...
una musica sottile traspariva
- sooono sposato e hooo due bambiniii...
una cantilena ripetuta mille volte
- soono aaalbino e coome saaapete non veedo beneee...
a tratti dolce
- non poosso laavorareee...
eppure un chè di metallico si percepiva in quelle note improvvisate
- lo strooofinaccio maaangia pooolvere...
un'inquietante assenza di modulazioni 
- solo un eurooo...
che tuttavia catturava l'ascolto di tutti noi viaggiatori distratti dal dondolìo lento dei vagoni
- l'aaaccendigaaas multiusò...
dal lento brusìo di rotaie e funi e correnti elettriche
-solo un'euroooo...
non lo ascoltavamo veramente ma lasciavamo che quel suono metallico ci avvolgesse
- il caaane che abbaia peeeer i vostriii baaaambiniii...
rabbrividendo di quell'assenza che ci teneva tutti in pausa, in attesa di qualcosa da attendere
- il pooortachiaviii deeella fooortunaaa...
guardai il suo sguardo bianco immòto
-sooolo un eeeuro...
ghiacciato dal vuoto di quegli occhi d'avorio
- serve qualcosà signoriii...
che non guardavano, sembravano non vedere nessuno dei visi attoniti che lo circondavano
- serve qualcosà signoriii...
e non sentivo più le sue parole ma distinguevo a stento il suono piano della sua voce
- graaazie signori
la musica sottesa della sua filastrocca
- graaazie signori...
e infine  percepiii chiaramente quel che diceva, ogni parola ogni sillaba, le sue frasi di marmo
- Ho visto cose che voi umani neanche immaginate, astronavi in fiamme a largo di orione...
Il terrore mi bloccò per un momento, poi il treno si fermò ed io mi spinsi fuori.
La sua voce mi inseguì ancora un momento
- E' tempo di morire.

old-fashioned

domenica, 08 gennaio 2006
 
L'amico appoggiava la testa al finestrino lasciando che la striscia di campi e colline gli sfiorasse la testa, penetrasse il suo orecchio come un suono che lasciamo penetrare senza dire o sentire. L'altro amico guidava e sparava cazzate veloci, rassicuranti di sorrisi e risate che non distraevano quel mattino di sole. Io dietro assaporavo il profumo del ricordo che quel momento sarebbe diventato, la campagna striata di vigne e frutteti la striscia gelida di azzurro che scorreva sopra di noi, le facce sparse e attonite che improvvisi ci spargevano di sguardi curiosi. L'amico guidava, parlava di donne , le sue , le nostre. La donna dell'amico al finestrino riusciva sempre a ghermirlo di un sottile brusìo.
Cos'è che non va - , ridendo chiedevamo senza aspettare risposte. E lui non rispondeva mai. Fumava e attraversava le nostre parole con lo sguardo bambino di chi vorrebbe scapparere da casa. Non scappava mai. Ogni volta ci attendevano parole di vino e risate e sfide a pallone...
" traversare una strada per scappare di casa
lo fa solo un ragazzo, ma quest'uomo che gira
tutto il giorno le strade, non è più un ragazzo
e non scappa di casa."

mattino venti deboli


venerdì, 06 gennaio 2006
 
befana
I had a dream...un incubo!  ho sognato di alzarmi per fare la solita pipì spacca sonno e ho intravisto la sua esile figura, curva vicino alla stufa elettrica spenta ormai da anni, che biascicava imprecazioni sui bei camini di una volta. Mi si è fermato il cuore e la pipì ha cominciato a sgocciolare lenta liberando la mia ipertrofica prostata. Si è voltata un momento e ho indovinato la faccia rugosa, il mento oblungo, il naso a becco. La Befana! ho detto ad alta voce. Il suo sorriso sardonico, il ghigno beffardo e ancora imprecazioni sulla demenza degli esseri umani mi hanno gelato il sangue ( ma almeno mi hanno bloccato la pipì). Ha continuato ad armeggiare vicino alla stufa, sinistra e terribile in quell'oscurità antica mostrandomi indifferenza e disprezzo.
Sono andato al cesso, finalmente. Poi, tremando ancora mi sono affacciato di nuovo lì dove l'avevo intravista. Sparita. Solo all'alba credo di aver ripreso sonno.
Ora mi alzo, prendo il caffè che Lucia ha lasciato in cucina a raffreddarsi. Entro in bagno e la sua voce mi raggiunge gelida:
- Chiudi quella cazzo di porta che ho acceso lo scaldino.
Buongiorno, penso. Sto per raccontarle lo spavento di stanotte...
- Potevi pure provare a darmi una mano stanotte ad aggiustare quella cazzo di stufa. Sono quasi congelata dal freddo. Ma tu pensi solo a te stesso, vivi nei sogni.
Io tiro un sospiro di sollievo. La Befana esiste davvero.

Aforismi per una vita piena

lunedì, 28 novembre 2005
 
metti una di quelle mattine il cielo plumbeo (direbbe il mio antico professore di lettere) una pioggia a schizzi, il freddo umido di novembre e tu che la sera prima hai programmato tutta la mattinata di rotture di coglioni...
metti una di quelle giornate di lavoro che solo pensarlo il lavoro ti viene da vomitarti addosso per poter dire che stai male e sperare che ti credano
metti l'ennesimo giro per negozi con lei che l'ami va bene ma sempre più spesso ti atrofizza il cervello ed il cazzo con il suo lavoro, il fratello coi problemi, la sorella che se ne frega della famiglia, l'amica che il regalo l'ha cambiato senza dirglielo
metti il solito giornale con berlusconi che...
metti la solita festa "giovane giovane" con la dance anni '70 che devi ballare e che neanche le canne o il martel te la fanno girare
metti il direttore di banca che ti chiama e poi ti fa aspettare che la sua segretaria abbia finito il pompino del lunedì
metti certi giorni che ti svegli ti alzi e ti ritrovi la sera
metti che un milione di volte queste cose le fai come devono esser fatte ma ogni tanti vorresti chiuderla sta porta sul mondo, spararti Eric Dolphy, pasto nudo ed appendere fuori il cartello OUT TO LUNCH
sabato, 19 novembre 2005 
 
Si affianca in notturna compagnia un'ombra che sfugge allo sguardo disattento e stanco di miti e di caverne eppure intento a cercarla l'immagine nascosta tra le pareti dal bianco fumoso di luci annidate tra la polvere di un disincanto una stanchezza quasi che appare sfuggita alle tenebre ed al silenzio prima accennata poi come ripetuta in un disegno atavico che vuole finalmente svelarsi allo sguardo che s'apre più intenso a scovarla aspettarla infine scorgerla e seguirne i percorsi astrusi spauriti dapprima eppoi dispiegati in sinfonie intrecciate di luci ed ombre che riempiono ogni sguardo e ogni luce della propria scura immagine destando viva la mia attenzione ed il mio istinto ferale e felino e CATCH infine l'ho beccata sta palombella di merda.
Non l'ho schiacciata ma solo liberata all'aperta notte fuori dalla mia annoiata lettura, e che cazzo...
venerdì, 04 novembre 2005
 
L'amico guarda verso di me, non guarda me. Rotea piano il bicchiere pieno a metà di alcol e risate. Passiamo la solita serata di bar e musica e folla. Saluta un tizio, mi guarda annoiato. Abbraccia una tizia, sguardo d'orgoglio. Gli sento dire, facci compagnia. Usciamo, noi, la tizia e altre due. Si muove a suo agio. Altro bar, altra folla. Lo stesso bicchiere. Sgabello di fianco al bancone. Mi presenta quella che serve e mi guarda, senza sorpresa. Ancora bere. Fumare. In attesa.
- C'è un bello schifo in giro stasera. Ti diverti, tu? - Non so che vuole dire. Musica e camicie nuove tutt'intorno. Culi che si fanno guardare. L'amica della tizia parla con me. La tizia siede in braccio all'amico. Altro giro. Lui socchiude un momento gli occhi di cognaq e sonno.
Fuori il vento scuro ci lava la faccia. Lascio andare le ragazze. Lui saluta la tizia. Il vento. Scuro. Passeggiamo, sotto di noi intuisco il mare. - Sono stanco di tutti i casini che metto su -. Quante volte me lo ha detto. Stasera però è diverso. Non ridiamo. Lui non ride. Vomitiamo. Prima io. Cellulare. "siete ancora fuori?" gli dice lei acida di sonno.
A casa il mio di sonno è andato. Gli ho detto, alla prossima! L'amico ha guardato verso di me. Non ha risposto. In attesa dell'alba, leggo quello che già so: "la gente a volte dimentica che un viaggio verso il nulla può anche cominciare con un passo".
a un amico

Albergo...Albergo...Albergo

sabato, 08 ottobre 2005

Il pianista sale il gradino del piccolo palco annerito dalla moquette consunta e sporca di chewingums spiaccicate, cicche stritolate, macchie di birra e wisky ormai disperse e confuse. sale e guarda lo sgabello di pelle nera sbrindellata che fatica a contenere un'imbottitura oramai aggrumatasi ai lati in praline di gommapiuma e celophan e truciolato.
Albergo...Albergo...Albergo
solleva - la testa china di lato - il copritastiera del piano a coda, un Petrov sorpreso esso stesso d'essere stato lasciato lì a squamarsi lentamente. batte un tasto bianco, il centrale, poi uno nero poi il bianco di nuovo, stumb, nessun suono, stumb stumb, batte un basso, un acuto, sente l'armonico, si siede.
Carta a me...Carta a me...Carta a me...
si spengono il vocìo fumoso lo scricchiolìo delle sedie le risate inutili
Carta a me...Carta a me...Carta a me...
un accordo, minore settima, settima dominante maggiore settima...All the think you are Body and soul scivolano su una bossa lenta, lentissima
Carta a me...Carta a me...Carta a me
si aggiusta un poco sullo sgabello che si solleva da una parte, Walking bass la sinistra, entra la destra martellante, Confirmation Yard bird suite Billie's bounce. intorno stanno confuse sagome buie, i bicchieri a mezzaria, a battere il tempo con la punta dei piedi...Cazzo col tallone, portate il tempo col tallone, oppure state fermi, respirate lentamente, un respiro lungo profondo e trattenete l'aria, la musica, l'armonia perfetta
Albergo...Albergo...Albergo...
a Bud
venerdì, 07 ottobre 2005
Interno - Sera
TV accesa. Programma d'intrattenimento serale RAI. Gente "famosa" che balla. La presentatrice con molta enfasi, quasi ululando le sue lacrime di gioia, ne annuncia l'ingresso.
Lui si presenta tirato a lucido, dimagrito, sorridente e sudatissimo. Ringrazia tutti, applaude tutti. Musica, la ballerina che l'accompagna parte a danzare. Lui ne segue i passi un pò impacciato, poi entra in scena il pallone. Palleggi di piede, di spalla, di testa, di schiena. La ballerina gli danza intorno. Il pubblico si spella le mani, la presentatrice piange, gli altri ospiti a dire:
Un campione è un campione sempre
Un genio
Un fenomeno
Un grande professionista un grande uomo
Balla col pallone tra i piedi
E' tornato quello di prima...
Lui s'immerge in questa orgia di applausi sorrisi grida esultanti. Lo sguardo da ragazzino, la faccia sudata e scavata. Un pò perso.
E allora io vedo leoni con la testa del domatore tra i denti, Elefanti saltellare in tondo, Tigri appollaiate su sgangherati sgabelli in attesa del coraggio di saltare nel cerchio di fuoco. E vedo foche e trichechi con palloni colorati sul muso, delfini saltare e fare capriole nell'acqua schizzando merdosi ragazzini che gli buttano pop-corn.Grande emozionante incredibile straordinario spettacolo.
Penso: lo straordinario non si rappresenta.
Cambio canale, metto Vespa sul primo. Le pulci ammaestrate non mi fanno tristezza...
domenica, 02 ottobre 2005
Quando senti le sirene ti giri per vedere. Se poi vedi Pompieri e poi 2 auto dei Carabinieri, 2 moto, 1 Autoambulanza, allora ti fermi per vedere -- o corri per avvicinarti. Se poi ti capita di assistere al movimento frenetico ed efficiente degli uomini in divisa che schizzano fuori dalle auto, allontanano i curiosi, chiudono una strada ai due lati d'imbocco, si danno da fare come se sapessero davvero cosa stanno facendo,allora sei obbligato a trattenerti, attratto da questo reality TG, sorprendendoti di come le cose appaiano tutte più piccole di come in realtà siano in TV, restando in attesa magari di qualche intervista o una zoommata sul punto della strada che ha attirato l'attenzione delle forze dell'ordine. Poi scopri che non ti rimane che scovare i fatti tra il chiacchiericcio di chi ti sta accanto, accorso con te, prima di te, e chissà come già informato di tutto. Apprendi di uno zaino sospetto appoggiato ad un palo davanti all'ingresso di chissà quale consolato. Una Bomba sicuramente! Pensi di scappare e vedere la scena come si deve in TV. Ma poi aggiri il blocco e ti sposti dove si può vedere meglio. Scruti sui visi dei tuoi concittadini l'aria distesa e sorniona e divertita di tutti. Solo qualche ragazza tira via il fidanzato a forza. E tu pensi " ha paura ", in realtà scopri che è l'ora di chiusura dei negozi e deve ancora trovare le scarpe adatte. Resti ancora un poco senza capire cosa fanno gli agenti che comunque fumano e chiacchierano tra loro come se stessero ancora in caserma. Aspetti nuovi curiosi per poter raccontare quello che sai, godere delle facce dapprima sorprese ma poi subito distratte dalla loro stessa curiosità di guardare da vicino. Decidi infine di allontanarti.
Quindi senti il botto forte. E allora tutti scappano per un momento, gli sguardi stupiti e un pò arrabbiati perchè nessuno aveva detto loro che le bombe scoppiano, che potevano allontanarsi di più invece di perdere tempo a vedere una scena in fondo noiosa di ordinario controllo di polizia. Cominci a farti coinvolgere da un panico vero, pensi di scappare, appena di sfuggita di aiutare, poi ti allontani camminando. Infine ti accorgi che la frenesia dei carabinieri dei pompieri e di tutti gli altri comincia a placarsi, la gente che scappava rallenta il passo, ricompare qualche sorriso, liberano le strade dai blocchi e senti che l'esercitazione è terminata...
"No Comment" ti viene da pensare, mentre un compagno d'avventura che aveva condiviso con te più o meno l'ultima mezzora, incrociando il tuo sguardo di estraneo, a voce alta, diretto alla strada e alla folla e agli uomini in divisa e un pò anche al cielo dice con fare minaccioso: " Ma chi vò ffà fà?"
( tr.:  ma come vi viene in mente di fare una cosa del genere facendo tanto chiasso per niente facendola poi passare per una cosa utile per la sicurezza? )

Padiglione " C "

giovedì, 15 settembre 2005

Va bene il coast-to-coast americano col camper o con l'harley easy rider
l'ohio le montagne rocciose o niagara falls
le grandi praterie l'alabama il texas,
Va bene la west coast san francisco attraverso l'arizona
Vanno bene le riserve indiane, la chevrolet decappottabile che insegue i truck-drivers alla ricerca di duel
e il deserto rosso e l'uomo col fucile che insegue quello con la pistola.
Vanno bene anche le strade d'europa con la GUZZI fino a capo nord attraverso però la francia, il fumo di amsterdam, le scopate scandinave e  le notti di luce
vanno bene i falò sulla spiaggia, i veglioni con annessi alcol droga e donne, le gite in barca a vela alla scoperta della solitudine di achab e della white whale.
E vanno bene le zingarate, il calcetto, i primi sbariamenti con le cotte e i tradimenti.
Va bene una scopata seria ogni tanto, lunga faticosa e un pò sporca.
Va bene lo scudetto del NAPOLI anzi due, con DIO che gioca con noi.
Va bene tutto.
Uno non può decidere che sogni fare.
Ma che ultimamente debba sognare soltanto questo cazzo di Padiglione C, corridoi grandi, stanze piccole e affollate, barelle e letti sempre occupati, persone ammalate più dalla cura che dalla malattia, svilite dalla "necessaria" indifferenza di quelle sane vestite di bianco, e risvegliarmi ogni volta con la puzza dell'alcool e del disinfettante, allora è meglio restare svegli, non lamentarsi e non dormire ma vivere quello che viene, e se proprio la stanchezza ti fa crollare, almeno non ricordarseli sti sogni di merda...

a waltz for Debby

sabato, 18 giugno 2005
 
Debby - Che fai?
A. -  Niente, scrivo un post
D. -  un che?
A. -  un post, sai scrivi una cosa quello che ti capita e poi la posti sul blog?
D. - sul che?
A. - il blog, una pagina Web........
D. - e a che serve?
A. - (pausa) a niente. E' divertentente. Scrivi qualcosa che ti è capitato o che ti va di dire..... e poi leggi altri post. Puoi fare commenti...
D. - che cazzata! Non hai altro da fare?
A. - ad esempio?
D. - ma è una cosa stupida. E poi, che succede quando l'hai scritta?
A. - (pausa) niente, non succede niente. La scrivo e basta.
D. - che cazzata. Hai una bella "capa" fresca.
A. - e perchè?
D.- ma a che serve scrivere questi post? e che cosa scrivi poi?
A. - (senza pausa) hai ragione.....era così per dire....adesso spengo e vedo un film
D. - che film guardi?
A. - guardo TOTO'
D. - ancora! ma vedi sempre totò...
A. - (interrompendo) bè sì, mi fa stare bene
D. - ma lo conosci a memoria!
A. - (silenzio)
D. - pronto?
A. - (silenzio)
D. - pronto?
A.-  CLICK!!!

Un pò di Retorica

martedì, 17 maggio 2005

                                                          

Interno sera. A cena.
Avvolto dal calore dei miei familiari, alle prese con un tenace spezzatino al sugo, la tv accesa su Bonolis, ascoltando distratto il suo solito sproloquio indistinto che però aiuta il calore di cui sopra, mi arriva improvvisa una luce, un'espressione che non t'aspetti in un programma televisivo, per di più su raiuno:
"...il tintinnio dei suoi gesti...".
Gesù, dico ad alta voce, ma questa è una sinestesìa*. Lo sguardo dei miei, estasiato e protettivo, conferma il mio ruolo di capofamiglia onnisciente, al timone della barca familiare, da cui tutto dipende, e mostra loro soddisfatti della mia superiorità culturale, in supplichevole attesa delle mie spegazioni.
Io invece ripenso ad un esame di qualche anno fa franato tra l'altro sull'esplicita e bastarda richiesta di un esempio di sinestesìa, oltre "l'urlo dei papaveri in fiore" citato dal libro di testo. Nonostante la spiegazione dettagliata ed esauriente che offrìi sulla forma e la struttura di questa figura retorica volevano anche un esempio! Durante pochi ma lunghissimi secondi pensai freneticamente a qualcosa come un milione di locuzioni che avrebbero potuto accontentarli.Naturalmente alla fine fu il buio. Tentai di salvarmi affermando che in realtà, dopo Ungaretti, chi altri avrebbe potuto mai rendere meglio una semplice figura retorica. Niente da fare. Quasi inutile aggiungere che quell'esame costituì la fine della mia carriera universitaria.
Ora dopo anni di rimpianto e tormento eccolo arrivare, il bastardo esempio:
"il tintinnio dei suoi gesti".
Bonolis-Ungaretti aveva guarito la mia zampa dall'atavica spina, tirato via il brandello minuscolo di carne dagli abissi delle mie gengive, fatto esplodere alla memoria il nome che da anni non riuscivo a ricordare, eccetera eccetera.Ora, non mi resta che sperare nellla longevità del mio già allora anziano professore per ottenere il mio riscatto, avere finalmente la mia seconda occasione...

*SINESTESIA: figura retorica consistente nell'associazione di due parole relative a sfere sensoriali diverse.

Due parole su Groucho Marx

lunedì, 09 maggio 2005
                                                                                         
" i never forget a face, but in your case I'll be glad to make an exception."
"...
Signora:    Cameriere!  Cameriere!
Groucho:   Comandi.
S:     Voglio ordinare qualcos'altro!
G:     Che ne direbbe di qualche braciola d'abbacchio? Sono eccellenti. Si abbacchierà a mangiarle.
S:    No. Preferisco un pollo.
G:    Da spennare? Possiamo organizzare un pomeriggio a casa sua. Io procuro due polli, lei finanzia l'impresa. O sennò, le consiglio pasticcio di lepre: Il nostro chef è un asso nel combinare pasticci. Costa solo due dollari e rotti.
S:    Due dollari per un pasticcio di lepre? Al Plaza lo mettono a un dollaro e settantacinque!
G:    Sì ma noi usiamo lepri più veloci. Capirà, ci vuol più tempo ad acchiapparle. E poi si guardi intorno. L'occhio vuole la sua parte, ma bisogna pur pagarle tutte queste belle cose. Guardi che magnifici quadri alle pareti.
S:    Me ne stra-frego dei vostri quadri.
G:    E va bene. Allora le porto un pasticcio da un dollaro e venti. Però dovrà mangiarlo a occhi chiusi.
S:    Si sbrighi!!    Ne ho abbastanza!
G:    Basta così?  Allora le porto il conto.
S:    CAPO CAMERIERE!  CAPO CAMERIERE! "

IL CORAGGIO

sabato, 07 maggio 2005
E allora cominciai a mangiare le mie polpette. Erano al sugo. Cioè, prima fritte in padella poi mescolate col sugo che precedentemente era stato preparato in un altro tegame. Comunque io presi a mangiarle. Prima una , poi due, poi tre poi ... non mi ricordo. Non le lasciai certo da sole. Feci in modo che il pane, quello " cafone", il dorso croccante ma tenerissino, il ventre fragrante e morbido, la pancia rosolata al limite del bruciato, recitasse bene la sua parte inzuppandosi nel sugo e raccogliendo le parti delle polpette che la forchetta non riusciva a prendere. Naturalmente il pollice era protagonista di questa raccolta frenetica nell'aiutare il pane e la forchetta. Masticavo poco, ingozzavo molto. Il piacere maggiore me lo dava poi bere dal collo della bottiglia mentre ancora la mia bocca era trasbordante di quella poltiglia rosso-cremisi di salsa, carne macinata, pane e pollice. Ricordo bene che le ultime quattro polpette le schiacciai lievemente, quindi le conficcai nel "cozzetto" di pane rimasto e che avevo sventrato della mollica. Questa poi mi servì per ripulire l'insalatiera della salsa, evitando così un lavaggio troppo faticoso poi, e per richiudere il cono di pane in modo da evitare che ad ogni mio morso le irriconoscibili polpette schizzassero fuori ogni volta. Le avevo imprigionate senza scampo. Alla fine del furioso pasto, durato non più di quattro cinque minuti tra il mordere il masticare e l'ingoiare, mi alzai, presi il libro e le sigarette ed il telefono. Accesi, feci il suo numero e lessi:
 "...il coraggio viene dallo stomaco...........tutto il resto è disperazione!".
domenica, 06 marzo 2005
Achab ( siede solo e guarda fuori). - ... Ciò ch'io ho osato l'ho voluto; e ciò che ho voluto, farò! Essi mi credono pazzo, Starbuck almeno: ma io sono demoniaco, sono la pazzia impazzita! Quella fiera pazzia che soltanto calma per comprendere se stessa! La profezia diceva ch'io sarei stato mutilato, e ... Sì! ho perduta la gamba. Io profetizzo adesso che mutilerò il mio mutilatore. E così dunque siano il profeta e l'esecutore un essere solo. Questo è più di ciò che voi, o grandi dèi, foste mai. Io vi rido e urlo dietro, giocatori, pugilisti, voi sordi Burki e ciechi Bendingo (campioni inglesi di pugilato 1833-1845    ndp). Non dirò come i ragazzi ai prepotenti: " Attaccatevi a qualcuno grande e grosso come voi, non picchiate me!". No, voi mi avete atterrato e io sono di nuovo qui, ma voi siete corsi a nascondervi. Uscite da dietro le vostre sacche di cotone! Io non ho armi di lunga portata per raggiungervi. Uscite, Achab vi presenta i suoi omaggi, uscite a vedere se potete deviarmi. Deviarmi? Voi non potete deviarmi, altrimenti deviate voi stessi! E' qui che l'uomo vi tiene. Deviarmi? La via del mio fermo proposito è segnata da rotaie di ferro per correre sulle quali il mio spirito è scanalato. Su precipizi senza fondo, attraverso i cuori infestati delle montagne, sotto i letti dei torrenti, io mi precipito infallibilmente.Nessun ostacolo c'è, nessun gomito su questa mia strada di ferro!  
Herman Melville   moby dick or the whale   trad Cesare Pavese